La struttura museale sorge a Filicudi Porto con vista sul villaggio preistorico di Capo Graziano, penisoletta che dà il nome alla cultura della prima età del bronzo che ebbe inizio intorno al XXI sec. a.C. e attribuibile agli Eoli provenienti dalla Grecia per presidiare la rotta dello stagno, e sullo specchio d'acqua dell'omonima insidiosissima secca i cui fondali custodiscono numerosi antichi relitti. Il primo nucleo espositivo è composto da quattro sale: introduttiva, archeologia generale, archeologia sottomarina ed etno-antropologica.
Nella prima sala è esposta una bozza della cartografia aggiornata di Filicudi relativa alla cronologia geologica e storica, alla geodinamica e vulcanologia sottomarina, all'evoluzione vulcanologica e cronologia storica. L'ordinamento scientifico definitivo di questa sala prevede degli spazi sull'evoluzione della vita in ambiente insulare, la conservazione e tutela del patrimonio biologico e il rapporto uomo ambiente, mentre l'apparato espositivo completo sarà formato da pannelli, plastici, leggii, campioni floristici e supporti audiovisivi. Al centro della sala è esposto un capitello dorico ritrovato nei pressi dell'attuale sito della chiesa di Santo Stefano.
Nella seconda sala sono stati esposti alcuni reperti preistorici, dalla fase iniziale dell'età del bronzo (cultura di Capo Graziano) alla media età del bronzo (cultura del Milazzese), e di età greca ed età romana, tra i quali un grande dolium (III sec. d.C.) recuperato in frammenti nel 1948 e trasportato a Lipari, perché venisse restaurato e custodito sino alla sua recente collocazione nella piccola struttura museale, dove ora fa bella mostra di sé. Di grande effetto è l'apparato espositivo della sala di archeologia sottomarina. Alla sinistra dell'ingresso un'anfora punica (V sec. a.C.) seguita da un gruppo di tre anfore greco - italiche (IV sec. a.C.) e, accanto al balcone, un gruppo di ventitrè anfore del II secolo a.C. appartenenti al relitto A, o Roghi dal nome del giornalista (Gianni Roghi) a cui si attribuisce la sua scoperta, disposte a piramide, come originariamente erano nella stiva della sfortunata nave oneraria che le trasportava. I visitatori possono osservare le anfore così raggruppate indirizzando lo sguardo oltre il balcone per spingerlo sino alla secca di Capo Graziano ed ammirare, contemporaneamente, sia la bellissima piramide sia lo specchio di mare da cui provengono e che probabilmente custodisce ancora parte del carico di quel relitto scomparso alla vista degli isolani un brutto giorno di molto tempo fa. Di fronte, sempre disposti a piramide, cinque ceppi d'ancora in piombo tutti ritrovati nel mare di Filicudi.
A pianterreno la sala etno-antropologica, suscettibile di ulteriori arricchimenti grazie allo straordinario patrimonio di oggetti della cultura materiale che ancora si conserva nell'isola, infine, oltre che apparire come una fotografia d'epoca raffigurante un gruppo di famiglia di tutti gli oggetti di lavoro, generosamente donati dagli abitanti, che scandivano i giorni, i mesi e le stagioni di quell'isola, testimonia la ricchezza di una comunità isolana che dell'essenziale, della capacità di adattamento e dell'attitudine a costruire essa stessa gli oggetti necessari alla sua sopravvivenza, ne ha fatto vera ed autentica dimensione culturale. In evidenza, al centro della sala, vi è un mulino per la macinazione del grano. Il museo di Filicudi potrebbe essere considerato come un modello di museo d'isola, poiché la sua realizzazione ha evidenziato tutte le problematiche legate a quella realtà insulare: forte connotazione e configurazione naturalistica, presenza di luoghi e di reperti riferibili a diverse antiche civiltà e sopravvivenza di un patrimonio di oggetti della cultura materiale che mantiene a lungo la sua peculiarità, nonostante i repentini cambiamenti del mondo circostante.
Trovate il Museo nel porto, accanto il bar ristorante Da Nino sul mare.